Anatomia

Anatomia

Le Origini - Il Corpo - IL Biosonar - Le vie alimentari - La Riproduzione

Le Origini

Evoluzione cetacei Pakicetus

65 milioni di anni fa, all'epoca dell'estinzione dei dinosauri, i Cetacei erano animali terrestri come tutti i mammiferi. L'estrema competizione per il cibo data dalla scomparsa dei predatori primari dette inizio a quel processo evolutivo che portò alla nascita dei primi antenati semi-acquatici di delfini e balene, gli Archeoceti.
Ben presto si manifestarono alcuni importanti adattamenti alla vita in mare. I Protoceti infatti erano dotati di un corpo allungato, in cui la pelliccia era quasi scomparsa. Gli arti posteriori, ormai inutili per la deambulazione sulla terra, erano ancora presenti ma notevolmente ridotti. Il capo appariva allungato e le narici, non ancora convertite in sfiatatoio, iniziavano ad arretrare rispetto all’apice del muso per meglio adattarsi alla respirazione in acqua.
Venticinque milioni di anni fa gli Archeoceti lasciarono definitivamente il posto ai Cetacei di oggi: Odontoceti e Misticeti.

Il Corpo: nuoto e apnea

 

Anatomia del nuoto cetacei

I cetacei sono mammiferi perfettamente adattati alla vita acquatica che non hanno più rapporti con la terra: riproduzione, sviluppo, alimentazione, caccia e gioco avvengono sempre in acqua. L’unico legame rimasto con il mondo di superficie è la respirazione.
Le doti apneistiche non derivano però dalle grandi dimensioni dei polmoni. Derivano piuttosto dalla quantità di proteine utilizzatrici di ossigeno presenti nel sangue e nei muscoli (emoglobina e mioglobina). In superficie i cetacei eseguono una serie di atti respiratori ravvicinati per poi immergersi svuotando i polmoni con l’aumento della profondità. Si tratta di un adattamento naturale indispensabile. Questo permette di ridurre la presenza di gas nei polmoni, che oltre una certa pressione provocherebbe dei traumi. La capacità d’immersione è ulteriormente migliorata grazie alla presenza di coste fluttuanti, che rendono la cassa toracica considerevolmente adattabile alle alte pressioni. Nel caso del Capodoglio questi adattamenti uniti allo spermaceti trovano la massima espressione.
I cetacei possono raggiungere velocità fino a 40 e 50 km/h, grazie innanzitutto alla forma affusolata e idrodinamica del corpo, inoltre l’adattamento naturale ha ridotto drasticamente le appendici sporgenti e ha potenziato quelle invece utili per il nuoto.
L’isolamento termico, fondamentale per non sottrarre energie al nuoto in apnea, e in origine assicurato dalla presenza del pelo, è ora garantito da uno spesso strato di pannicolo adiposo sottocutaneo, detto "blubber", che in alcune specie di Balene raggiunge addirittura i 50 centimetri di spessore e il 50% del peso corporeo.

IL Biosonar


Biosonar cetaceiBen presto i ricercatori si sono accorti che gli animali erano in grado di individuare gli ostacoli e le prede anche nelle ore di buio o in acque torbide. L’eco-localizzazione consiste nella capacità di utilizzare i suoni auto-prodotti, sotto forma di "click", per captare delle informazioni sugli oggetti presenti nell’ambiente circostante.
I click, vere e proprie onde sonore, sono prodotti nella laringe. L’aria viene compressa producendo delle vibrazioni, e da qui vengono indirizzate verso la zona frontale del capo dove si trova il "melone", una sacca nella testa degli Odontoceti che contiene un particolare grasso in grado di agire da megafono per amplificare e direzionare i suoni. Il fascio di onde così lanciato nell’ambiente colpisce gli oggetti che si trovano sul suo percorso e viene riflesso, tornando verso l’animale che lo ha prodotto. Qui l’eco viene recepita attraverso la vibrazione del canale mandibolare, che svolge la funzione di antenna ricevente e trasmette il suono sino all’orecchio. Il cervello può quindi analizzare le onde sonore recepite e dedurre tutte le informazioni in esse contenute, come la distanza degli oggetti, la loro forma, la dimensione e addirittura la loro struttura. È stato infatti dimostrato che un Tursiope in condizioni di totale oscurità è in grado di individuare una piccola pallina del diametro di 2 centimetri ad una distanza di oltre 72 metri.
Il capo degli Odontoceti, al pari del sonar delle navi e dei sottomarini, rappresenta un apparato perfetto per l’emissione e la ricezione degli ultrasuoni. Non stupisce dunque il fatto che molte delle tecnologie militari che fanno uso dei sonar si siano ispirate proprio allo studio del biosonar dei cetacei.

Le vie alimentari: Odontoceti e Misticeti


Denti e Fanoni cetaceiLe vie alimentari durante l’evoluzione hanno subito profonde modifiche, riscontrabili soprattutto nella regione boccale. La dentatura, in principio eterodonte, si è infatti evoluta in omodonte (ovvero denti non differenziati) e monofiodonte (assenza di dentizione da latte) negli Odontoceti. I Misticeti invece hanno addirittura sostituito i denti con particolari strutture cornee atte alla filtrazione: i fanoni.
Gli Odontoceti, dotati di denti, si nutrono di grandi prede come grossi pesci e calamari. Le tecniche di caccia sono numerose e spesso gli individui cooperano nella cattura delle prede. Ad esempio le Orche ed i Tursiopi organizzano dei veri e propri gruppi di attacco coordinato durante la fase di caccia. Spesso gli Odontoceti utilizzano gli ultrasuoni per stordire le prede che poi vengono afferrate e mangiate. I denti però hanno la mera funzione di trattenere la preda e non quella di masticarla come per il resto dei mammiferi.
Gli Odontoceti hanno spiccate preferenze alimentari per i pesci pregiati come Triglie e Orate, ma non mancano di cacciare polpi e calamari di cui sono particolarmente ghiotti.
I Misticeti, dotati invece di fanoni, hanno una dieta costituita da minuscole prede come krill e piccoli pesci. Balene e Balenottere catturano un’enorme quantità di acqua nella grande bocca che poi viene socchiusa. L’acqua viene quindi pressata dalla lingua ed espulsa attraverso i fanoni, che trattengono le sostanze nutritive come un pettine filtrante. Le tecniche di alimentazione dei Misticeti sono varie ed ingegnose. Alcuni gruppi filtrano l’acqua in continuo mantenendo la bocca aperta, altri sono dei veri e propri predatori che si lanciano a bocca spalancata sui gruppi di piccoli pesci precedentemente raggruppati con movimenti particolari. Le Megattere infatti ruotano in cerchio mentre espellono l’aria. Si crea così una colonna di bolle che risalgono verso la superficie, all’interno della quale i pesci restano spaventati e imprigionati, diventando facili prede.

La Riproduzione


Mamma e piccolo di delfinoLa riproduzione avviene nelle stagioni più calde e può variare quindi in funzione della latitudine. Nel bacino mediterraneo la maggior parte delle specie si riproducono nella tarda primavera o ad inizio estate. La gestazione media nelle diverse specie è di dodici mesi, i piccoli quindi vengono alla luce nello stesso periodo in cui si ha la riproduzione. La gestazione più lunga è quella del Capodoglio, che raggiunge i diciotto mesi. Spesso la delicata fase del parto è seguita da tutti i membri del branco che assistono attivamente la madre. I delfini solitamente si organizzano con una femmina che rimane accanto alla lei e al piccolo sino allo svezzamento, svolgendo a tutti gli effetti il ruolo di "zia".
Il ritmo di crescita prima dei feti e poi dei piccoli nei cetacei di grosse dimensioni è sbalorditivo. Un piccolo di Balenottera cresce di 70 chilogrammi e 3 centimetri di lunghezza al giorno, nutrendosi quotidianamente con più di 100 litri di latte. Una volta svezzato il piccolo (6 mesi per i Misticeti; 3 anni per gli Odontoceti) impara a cacciare e a nutrirsi in modo indipendente e con il passare del tempo il giovane raggiunge la maturità sessuale e inizia una propria vita indipendentemente dal gruppo di nascita.

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