Influenza delle plastiche sulla vita marina

Ad oggi i rifiuti marini, soprattutto la plastica, rappresentano una delle principali minacce per circa 180 specie marine mediterranee, tra tartarughe, mammiferi e uccelli marini, filtratori, invertebrati e pesci. Gli impatti a livello di popolazione sono ancora in fase di studio ma è stato calcolato un incremento del 50% del numero di specie che hanno subito danni a causa dei rifiuti marini dal 1997 al 2016. I rifiuti in plastica in particolare sono responsabili dell’88% degli eventi registrati. La tartaruga Caretta caretta, insieme alla balenottera comune e agli uccelli marini (in particolare i procellariformi, tra cui si trova la Berta maggiore) sono tra le specie più minacciate. Per quanto riguarda i cetacei, la Balenottera Comune è classificata come in pericolo dalle liste rosse della IUCN e risulta essere in diminuzione rispetto agli ultimi 20 anni. La Balenottera Comune, alimentandosi per filtrazione, con ogni boccone arriva ad ingerire fino a 7000 litri d’acqua inghiottendo, insieme al krill, anche grandi quantità di macro e microplastica.
Gli impatti dei rifiuti plastici sulla fauna marina sono numerosi, anche a causa delle diverse forme e dimensioni del rifiuto. I principali impatti riguardano l’aggrovigliamento e l’intrappolamento degli esemplari.
L’aggrovigliamento può portare a ferite, mutilazioni e strangolamento, compromettere il nuoto, la fuga dai predatori, la capacità di nutrirsi o causare l’annegamento.
L’ingestione suscita ulteriore preoccupazione perché può portare a malnutrizione, morte per soffocamento, ostruzione del tratto intestinale, inedia e, ancora, a problemi per il sistema endocrino a causa dell’esposizione alle sostanze tossiche contenute o adsorbite dalla plastica (ftalati, PCB e altre sostanze). Le particelle più piccole possono poi entrare nella catena alimentare. L’ingestione può essere accidentale, come per gli organismi filtratori, o volontaria in quanto alcuni rifiuti, come le buste o i piccoli granuli di plastica, possono essere scambiati per meduse o uova di pesce.
I rifiuti plastici offrono inoltre un substrato per organismi o uova, che possono essere trasportati in nuovi ambienti al di fuori dei loro confini naturali, favorendo così la diffusione di specie aliene, un fenomeno che rappresenta un’ulteriore minaccia per la biodiversità e l’integrità degli ecosistemi.
Recenti studi, condotti nel Santuario Pelagos, hanno dimostrato come le aree di accumulo delle microplastiche coincidano con quelle in cui si concentra il plancton di cui si nutrono i Misticeti. È così che le microplastiche possono entrare nella catena alimentare di questi grandi filtratori e esporli ai microorganismi (batteri, alghe, virus, invertebrati microscopici) che colonizzano i rifiuti plastici in mare, la cosiddetta “Plastisfera”, un nuovo ecosistema marino composto da specie potenzialmente patogene che mettono a rischio la salute dei cetacei nelle acque del Santuario e la biodiversità del Pianeta.